UNA PICCOLA STORIA ZEN
Propongo di seguito una parte di un articolo del dott. L. Speciani:
<<Un monaco chiese al suo maestro: “Qual è l’essenza dello zen?” il maestro rispose: “Quando ho fame mangio, quando ho sonno dormo, quando ho freddo mi scaldo”>>.
“Quante volte ci scopriamo a mangiare nervosamente la prima cosa che ci capita sottomano, con la televisione accesa in sottofondo, senza nemmeno accorgerci di ciò che stiamo mettendo in bocca? Mangiamo perché abbiamo fame, perché proviamo piacere a farlo, perché ci è necessario. Il nostro corpo ci dà tutte le informazioni di cui necessitiamo per sapere quando dobbiamo smettere, se solo siamo in grado di ascoltarlo e di dargli retta. Se invece seguiamo i nostri pensieri, e ci lasciamo condizionare da questi, sarà possibile che la nostra alimentazione si arricchisca oltremisura di cibi inutili, o anche dannosi.
È possibile pensare al cibo solo in termini di cibo, e non in termini di paura di morire di fame, o di competizione tra individui?
È possibile godere dell’atto di mangiare, dell’atto in sé intendo, senza che la nostra mente ci dica se è o non è l’orario giusto, se è o non è la quantità di calorie corretta?
Siamo convinti che si possa autoregolamentare senza doversi imporre sacrifici o diete ipocaloriche, fiduciosi del fatto che il corpo sceglierà ciò che meglio si adatta al caso suo.
Il punto è che l’autoregolazione può raggiungersi solo a due condizioni:
1) Che ci si liberi dai condizionamenti alimentari locali, tradizionali, familiari, imparando ad ascoltare i segnali che corpo e mente si scambiano.
2) Che l’istintività sia mediata dalla conoscenza, almeno generale, dei cibi che ingeriamo.
Per soddisfare il primo punto è necessario allenarsi ad ascoltarsi. Capire che il corpo ci sta chiedendo un giorno di digiuno o di sola frutta. Oppure che il salame e la panna cotta, insieme, potrebbero non rappresentare un pranzo ideale, nonostante siano magari una tradizione familiare.
Per capire il secondo punto, invece, occorre ricordare la fatica che abbiamo dovuto fare per imparare a nuotare, ad andare in bici, a ballare Salsa e Merengue, o a correre con il giusto stile: i primi giorni sembravamo pesci fuor d’acqua, poi, imparando analiticamente come effettuare i primi passi, siamo giunti ad una soddisfacente pratica istintiva facendo convivere i due aspetti. Così riteniamo sia necessario fare con il cibo: con il puro istinto non possiamo capire se in un biscotto vi sia del buon burro, o una carrettata di grassi vegetali idrogenati. Dobbiamo capire se il nostro istinto ci dice “biscotto”, ma nello stesso tempo dobbiamo imparare a leggere l’etichetta. Solo dal confronto dei due aspetti può nascere un’alimentazione sana e completa.
Mediando con intelligenza istinto e ragione, riusciremo a mettere sulla nostra tavola cibi sani e genuini nella giusta quantità.
Mangiare è un’esperienza quotidiana, e si può cominciare l’esperimento subito.
Prima di tutto provate a sentire se avete fame. Se non ne avete, archiviate il problema fino a che il corpo (e lui solo) vi dirà che è il momento. Lui ne sa più di voi. Se invece avete fame, prima di aprire il frigo, o di esaminare il menu del ristorante, provate a visualizzare il tipo di cibo che il vostro corpo può gradire ora. Vi sono cibi molto diversi. È difficile che nello stesso tempo abbiate desiderio di un succo di frutta, di un piatto di polenta, di qualche noce o di un gelato al cioccolato. Il vostro corpo distingue perfettamente il bisogno dell’uno o dell’altro. Quindi prima di leggere il menu o sollevare coperchi, cominciamo a capire che tipo di fame abbiamo.
Quando poi incominceremo a mangiare, facciamolo per bene. Sediamoci, o mettiamoci comodi. Assaporiamo lentamente quello che portiamo alla bocca, e sentiamone tutte le caratteristiche: freddo, caldo, fibroso, dolce, morbido, piccante. Trasformiamo la nostra alimentazione in una piacevole esperienza. Proviamo ad essere nel “qui ed ora” anche quando mastichiamo. Provare per una sera a spegnere la TV e a concentrarsi sulle sensazioni del cibo può essere una scoperta davvero interessante. Che non finirà di stupirci per le profonde implicazioni connesse a questo semplice gesto.”